• Questa community è solo un punto d'incontro per persone che soffrono di emetofobia e non può essere considerata come terapia per superarla, per questo consigliamo sempre di consultare uno specialista. Buona navigazione a tutti. ;)

Leggete e confrontiamoci!!

Trudy62

Esperto
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Buongiorno a tutti!
Oggi riporto un episodio che mi è successo stamattina, durante la seduta settimanale con la terapeuta:
stavamo parlando, anzi, stavo esponendo il fatto che, sin da piccolina, ho avuto continue restrizioni e controllo da parte dei miei genitori, facciamo qualche esempio:
"copriti la pancia che poi VOMITI"
"non bere le cose gelide che poi VOMITI"
"non bere in discoteca che poi VOMITI"
"non mangiare quella pietanza che poi non digerisci e poi VOMITI"
insomma, la "Minaccia" era sempre il vomito e quindi, io lo vedevo/vedo come un grande mostro, feroce, che si impossessa del tuo corpo e ti fa del male.
oppure... ricordavo che, una 15ina di anni fa, un pomeriggio di sole, forse era aprile, giocavo in giardino e nel mentre sentivo mio nonno stare male (rimettere), con tanto di urla, grida... e fidatevi, urla così ti rimangono impresse.
Ho parlato molto anche del fatto che i miei genitori hanno tanti tabù, soprattutto con me, figlia maggiore, rispetto che con mia sorella: non abbiamo mai parlato di sesso, quando invece da adolescente volevo conoscere cosa succedeva, come avveniva, come si faceva... cavandomela dunque, sempre, da sola, con l'aiuto di ricerche su internet, non posso parlare di emetofobia, o meglio, ci parlo, ma appena accenno dicono "eh ma il vomito è normale, eh ma il vomito ce lo possono avere tutti", mio padre crede poco nella psicoterapia, sostenendo che sono soldi buttati, come anche i nonni, che mi dicono "eh, sapessi ai miei tempi, non avresti avuto nemmeno il tempo per pensare alle fobie...". Quindi, potete dedurre, che me la sto cavando da sola, certo, un po' di appoggio c'è, ma il migliore aiuto sta venendo da me stessa.
Dunque, torniamo a noi. Da questa fiumana di pensieri e, nel mentre li narravo, sono stata improvvisamente investita da uno stato d'ansia: mani formicolanti, testa pesante, gambe sudate. La psicologa, accortasi della situazione, mi ha insegnato tecniche per calmarmi che, pian pianino, hanno funzionato.
Da questo episodio, la psicologa mi ha detto che qualcosa si sta smuovendo, c'è qualcosina, dentro me, che vuole uscire, vuole dire "basta, basta, voglio vivere tranquillamente, senza costrizioni, tabù, paure... voglio fare, voglio affrontare, voglio smettere con l'antidepressivo e godermi il mio benessere in modo genuino".
Sento che qualcosa si sta smuovendo, qualcosa nel mio corpo vuole ribellarsi a tutto questo controllo che ha subito negli anni, da parte dei miei genitori; tra l'altro, a volte, dico ai miei che forse sono stati loro a inculcarmi troppa ansia e, appena pronuncio tali parole, apriti o cielo: "quindi sono un* cattiv* madre/padre, questo è il ringraziamento...".
Insomma, ho bisogno di dialogo, di apertura, sono stufa di vivere così, mi sento un torrente in piena, che vuole straripare, ma i controlli e le ansie me lo impediscono, tuttavia, siamo umani, composti da emozioni e sentimenti e quindi, lasciamo che questo torrente straripi...
 
Ciao Trudy, davvero molto interessante il tuo post.
Mi ritrovo in diverse cose che hai scritto. Innanzitutto è dai tempi di Freud che si sa che le maggior parte delle nostre paure scaturiscono da ciò che ci hanno trasmesso i nostri genitori. I miei non mi facevano minacce citando esplicitamente il vomito, però noto parecchie similitudini, soprattutto sui tabù. Come nel tuo caso il sesso era una di quelle cose a cui non si poteva neanche accennare, in quel senso i miei si potrebbero definire molto bigotti. Idem sui problemi di natura psicologica, non se ne può neanche parlare. Non li concepiscono proprio, nella loro testa da psicologi e psichiatra ci vanno i serial killer come vedono nei film polizieschi, non ci va la gente normale. Questo condizionamento mentale tra l'altro mi ha fatto perdere tantissimi anni nei quali non ho fatto nessun passo concreto per risolvere i miei problemi di ansia, perchè secondo loro era cose che non esistevano e che si sarebbe risolte da sole. Invece ho imparato di persona che queste cose non passano da sole per miracolo, anzi più non le affronti e più si aggravano.

Tornando a te, io ti auguro davvero che tu sia giunta a un punto di svolta verso la soluzione dei tuoi problemi, incrociamo le dita!
 
Ciao Ben, grazie per la risposta, mi fa tanto piacere che tu abbia deciso di confrontarti con me, anche perchè, noto, come dici tu, certe somiglianze.
Il bigottismo c'è, complice anche il fatto che non abito in un contesto metropolitano, bensì rurale, molto piccolo, quindi non accadono cose così eclatanti, come appunto, nel nostro caso, andare da uno psicoterapeuta. Roba impensabile, qualche anno fa e invece, proprio perchè anch'essa è una figura tabù, viene relegata alle sole persone "matte, pazze, menti criminali"; invece, mi sono proprio resa conto che solo grazie a figure così forse, con calma, riusciamo ad uscirne. 17 anni di fobia (nel mio caso) sono tanti e a lungo andare, stancanti.
Riguardo la sfera sessuale, mi è tornato in mente un episodio: il mio menarca, evento per noi femmine importante, dove diventi donna e quindi ti senti anche un po' fiera, orgogliosa. Insomma, io l'ho vissuto nel silenzio, comunicandolo a mia madre, la quale, una volta comunicato a mio padre (che ha taciuto) ha archiviato questo evento. Non dico che dovevano farmi una festa o una cena, assolutamente, semplicemente parlarmi un po' di più, farmi conoscere un po' di più questo nuovo universo.

Interessante comunque come anche i tuoi genitori abbiano dei tabù, quindi mi azzardo ad interpretare un po' magari cosa ci vuol dire la nostra fobia:
secondo me, noi, siamo stati "imbavagliati" dai genitori, a dire, fare cose... siamo magari stati controllati eccessivamente, frenati... quando il nostro corpo invece era/è in fermento. Magari volevamo confidarci con la madre o il padre in merito a tematiche sessuali, magari volevamo confidarci sul fatto che avevamo paura di certe sfere legate al sesso, magari volevamo semplicemente dire come ci sentiamo quando vediamo una persona vomitare... Quindi, noi volevamo buttare fuori: idee, opinioni, paure, ma i genitori ce l'hanno impedito e così, la paura di "buttar fuori" soprattutto dalla bocca (da dove escono le nostre frasi, parole) si è tramutata in emetofobia, paura di rimettere, buttar fuori...
non so se mi sono spiegata, è un ragionamento un po' contorto, ma ci penso da tanto tempo.
 
Secondo me hai dato una chiave di lettura molto interessante e corretta. Anche il mio psichiatra accennò al fatto che il vomito ha una valenza metaforica molto importante, ossia il buttare fuori, l'esternare certe cose... a livello sentimentale/emozionale non abbiamo mai potuto esprimerci, siamo sempre stati castrati. I miei non mi hanno mai chiesto come stavo, credo che questo mi abbia pesato moltissimo. A loro non interessava se non stavo bene a causa dell'ansia, per loro c'erano solo certe cose da fare (quelle che fanno tutte le persone normali) e si parlava solo di cose materiali e superficiali (cosa c'è da mangiare, cosa c'è in tv, c'è da andare a buttare la spazzatura, c'è da portare l'auto dal meccanico, ecc...). C'erano da fare queste cose e dovevano essere fatte, non c'erano scuse.
Tra l'altro io sono sempre stato visto un po' come una pecora nera perchè ho sempre voluto fare di testa mia, rifiutavo e rifiuto tuttora a 38 anni l'idea che fin dalla mia infanzia ci sia un percorso già predefinito (studia -> lavora -> fidanzata -> compri casa -> matrimonio -> figli) che si deve seguire obbligatoriamente, anche se inadatto al proprio carattere e alla propria idea di felicità.

p.s. Per quel che mi riguarda sono a 20 anni di fobia, ti batto un pochino. :)
 
Ti capisco perfettamente. Ogni parola che dici, davvero.
Anche in casa mia si parla prevalentemente di quelle cose, superficiali, magari cose anche che ti irritano un po', ad esempio, mio papà mi chiede costantemente informazioni sui miei esami, come procedono, come stanno andando, quanti me ne mancano, come se fossi in 5 elementare, quindi c'è una gran componente di controllo. A mia madre, se esco con il cane senza dirle nulla, oddio! "perchè non me l'hai detto? Dov'eri finita?".
Ho 24 anni, una laurea e una seconda imminente e mi sento, ancora, costantemente controllata e imbavagliata.

per quanto riguarda matrimonio, figli, convivenza ecc... capisco bene anche quella parte...
una volta dissi che desidero dei figli ma non voglio assolutamente sposarmi, la risposta è stata "che non sono una ragazza di buoni principi", quando sono l'unica, o meglio, una delle poche che in famiglia cerca di partecipare, aiutando i nonni, i genitori, mia sorella nello studio... comportandomi sempre in modo rispettoso.
Eh già, siamo stati proprio imbavagliati.

Comunque 20 anni di fobia! :oops: mamma mia... quindi, ad occhio, ti si è manifestata in età tardo-adolescenziale... strano, sento che si sviluppa per lo più da piccoli (7 anni nel mio caso), però il "bello" è proprio questo: è un fulmine a ciel sereno che ti condanna la vita al terrore...
 
Allora, tutto molto interessante, ecco come la penso io. Alla base dell'emetofobia penso possano esserci due situazioni: un evento traumatico che rende sensibili successivamente al vomito, oppure, una componente ansiosa acquisita spesso da giovani e sviluppata poi da adulti. Detto questo, i genitori hanno comunque sempre un impatto importante sulla vita dei figli, sotto tutti i punti di vista, compreso quello psicologico. L'ansia e le aspettative dei genitori spesso vengono trasmesse ai figli, i quali poi possono finire per sviluppare appunto una fobia. Perché l'emetofobia? Forse, come dici tu, tu ricordi che ti dicevano spesso "non fare questo perche poi vomiti", ma a questo potrei dirti però che a me nessuno mi ha mai parlato del vomito e non ho mai avuto particolari problemi con esso, eppure, io ho sviluppato questa fobia per tanti, tanti anni. Forse come dici tu, la caratteristica comune è che il dover tirar fuori qualcosa, oppure, forse sviluppiamo questa fobia perché le emozioni, all'inizio le sentiamo sulla pancia. C'è sicuramente anche una componente del voler controllare tutto ciò che ruota intorno la nostra vita, cosa impossibile, perché la vita è per sua definizione non controllabile, non programmabile (almeno non come vorremmo noi). E' normale quindi che, se in noi c'è una base ansiosa e i nostri genitori vengono ad alimentare questa ansia con le loro preoccupazioni, la frittata è fatta. E' una loro colpa? Mah, mi sento di scagionarli. Un genitore non penso voglia creare una fobia nel figlio, certo è che, se tuo figlio viene a farti notare qualcosa, cercare di negare un problema non mi sembra proprio una gran furbata, ma a volte come hai detto, parlare di psicologi suscita qualche timore, soprattutto in alcuni genitori, abituati a pensare che se vai dallo psicologo chissà quale problema grave hai. Forse si pensa troppo anche a come si apparirebbe o come i figli apparirebbero poi agli altri.
Il risultato finale è che l'emetofobia rende la tua vita come un cassetto di vestiti in disordine quando tu non sai nemmeno come si piega un calzino. Uno psicologo ti aiuta a sistemare questo disordine e ti insegna a come piegare i vestiti. Non tutti imparano subito, non tutti sono bravissimi a spiegare, non tutti hanno la forza di imparare, ma tutti comunque possono riuscire a farlo.
Il nostro segreto e la parte più difficile per uscire dall'emetofobia è comprenderne l'origine e la causa, perché se capiamo questo, con un valido aiuto, si può superare.
 
Comunque 20 anni di fobia! :oops: mamma mia... quindi, ad occhio, ti si è manifestata in età tardo-adolescenziale... strano, sento che si sviluppa per lo più da piccoli (7 anni nel mio caso), però il "bello" è proprio questo: è un fulmine a ciel sereno che ti condanna la vita al terrore...

Io invece notavo che nella maggior parte dei casi queste problematiche esplodono nel periodo tra 16 e 20 anni, come nel mio caso. Mi sembrava anche che avesse molto senso perchè è proprio l'età nella quale si passa dall'adolescenza all'età adulta quindi si viene investiti da un carico di responsabilità completamente nuove che spaventano e che non sono affatto facili da gestire.

Pensavo quindi che avessi qualche anno in più, buon per te! :)
 
Allora, tutto molto interessante, ecco come la penso io. Alla base dell'emetofobia penso possano esserci due situazioni: un evento traumatico che rende sensibili successivamente al vomito, oppure, una componente ansiosa acquisita spesso da giovani e sviluppata poi da adulti. Detto questo, i genitori hanno comunque sempre un impatto importante sulla vita dei figli, sotto tutti i punti di vista, compreso quello psicologico. L'ansia e le aspettative dei genitori spesso vengono trasmesse ai figli, i quali poi possono finire per sviluppare appunto una fobia. Perché l'emetofobia? Forse, come dici tu, tu ricordi che ti dicevano spesso "non fare questo perche poi vomiti", ma a questo potrei dirti però che a me nessuno mi ha mai parlato del vomito e non ho mai avuto particolari problemi con esso, eppure, io ho sviluppato questa fobia per tanti, tanti anni. Forse come dici tu, la caratteristica comune è che il dover tirar fuori qualcosa, oppure, forse sviluppiamo questa fobia perché le emozioni, all'inizio le sentiamo sulla pancia. C'è sicuramente anche una componente del voler controllare tutto ciò che ruota intorno la nostra vita, cosa impossibile, perché la vita è per sua definizione non controllabile, non programmabile (almeno non come vorremmo noi). E' normale quindi che, se in noi c'è una base ansiosa e i nostri genitori vengono ad alimentare questa ansia con le loro preoccupazioni, la frittata è fatta. E' una loro colpa? Mah, mi sento di scagionarli. Un genitore non penso voglia creare una fobia nel figlio, certo è che, se tuo figlio viene a farti notare qualcosa, cercare di negare un problema non mi sembra proprio una gran furbata, ma a volte come hai detto, parlare di psicologi suscita qualche timore, soprattutto in alcuni genitori, abituati a pensare che se vai dallo psicologo chissà quale problema grave hai. Forse si pensa troppo anche a come si apparirebbe o come i figli apparirebbero poi agli altri.
Il risultato finale è che l'emetofobia rende la tua vita come un cassetto di vestiti in disordine quando tu non sai nemmeno come si piega un calzino. Uno psicologo ti aiuta a sistemare questo disordine e ti insegna a come piegare i vestiti. Non tutti imparano subito, non tutti sono bravissimi a spiegare, non tutti hanno la forza di imparare, ma tutti comunque possono riuscire a farlo.
Il nostro segreto e la parte più difficile per uscire dall'emetofobia è comprenderne l'origine e la causa, perché se capiamo questo, con un valido aiuto, si può superare.

Mi è piaciuta molto la metafora dei "vestiti in disordine" e del fatto che uno psicologo possa aiutarti e fornirti strategie per riuscire a piegarli più adeguatamente. Comunque sì, anche la mia psicologa mi ha accennato al fatto che possono esserci componenti ambientali (una componente ansiosa già nostra, magari tramandata di generazione in generazione che in certi individui si sviluppa, mentre altri magari riescono a non ascoltarla), come la presenza di un trauma (che penso di sapere quale sia). Le interpretazioni sono dunque molte. E' affascinante però cercare di darne, perchè non siamo nati emetofobici e come fobia, abbastanza insolita, è anch'essa particolarmente curiosa (sebbene molto limitante).

Per quanto riguarda i miei genitori... beh, sono abbastanza tradizionalisti, quindi, dato che in famiglia prima di adesso lo psicologo era sempre stata una figura relegata ai "pazzi", penso che abbiano faticato e stiano tutt'ora faticando accettare che la loro figlia spenda un tot. di soldi al mese per questa psicoterapia; non tanto mia madre ma più mio padre. Ma i soldi sono miei, sto facendo molti sacrifici per guadagnarli. So che spenderli da uno psicoterapeuta non era il sogno che un genitore serbava al proprio figlio, ma per me sono un grande investimento. Solo io so quello che ho provato in tutti questi anni e solo io so quanta voglia di uscirne ho.
 
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