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Mi presento: un'emetofobica esasperata

Beba98

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Ciao a tutti, mi presento e provo a raccontarvi la mia storia, cosa che non ho mai fatto praticamente con nessuno (scusate se mi dilungherò). Sono Debora, ho 25 anni, sono laureata alla magistrale di Lingue e non lavoro ancora. I miei “problemi” con il V. sono cominciati nel 2015, quando nel prendere l’autobus per andare a scuola ho iniziato a sentire dei fastidi che io subito ho associato alla Nau..a. Ben presto la sola idea di salire sull’autobus mi faceva svegliare già con lo stomaco chiuso, perché il pensiero di stare male lì, con tutte quelle persone, mi metteva ansia (anche se poi non è mai successo). Non ho mai sofferto di mal d’auto, e quando tutto è cominciato ho voluto fare una gastroscopia, con esiti pressoché inutili. Allora non me ne rendevo conto, ma oggi posso dire che probabilmente quel fastidio che sentivo era dovuto a un disagio psicologico, perché si sviluppò in concomitanza con la fine dell’amicizia con un mio gruppo storico di amiche (da cui io mi staccai, anche se ancora non so bene perché). L’autobus infatti lo prendevo con queste ormai ex-amiche, con cui una volta condividevo tutto ma che ormai mi limitavo solo a salutare; infatti quando scendevo dall’autobus e andavo in classe, con altre persone, la sensazione passava. Da allora però ho sviluppato la fobia del V. In quel periodo ero rimasta sola e mi sono molto chiusa in me stessa, anche se poi dopo due annetti ho ricominciato ad uscire con una mia conoscente; la fobia la riuscivo a tenere sotto controllo durante le uscite: mi bastava vedere che non avevo alcuna sensazione di Nau..a e stavo tranquilla, addirittura frequentavo un pub dove è capitato che qualcuno stesse male, ma io mi allontanavo e riuscivo a stare calma (anche grazie all’aiuto del chewing gum, diventato il mio meccanismo di coping per qualsiasi sensazione che sento allo stomaco). Con la pandemia le cose sono tornate a cambiare, perché con la fine del lockdown la mia amica di riferimento si è fidanzata, diradando quindi le occasioni di uscita insieme a me, e io ho trovato nel comfort di casa un rifugio in cui sentirmi al riparo (sono introversa e fare serata non è la mia attività preferita).

Arrivando ad oggi, un anno fa ho iniziato un percorso con una psicoterapeuta, non propriamente per l’emetofobia, ma per uno stato generale di ansia somatizzata (così mi suggerì un cardiologo dopo che iniziai a sentire battiti irregolari ed extrasistoli mai avute prima). A lei, tra le altre cose, ho esposto anche la mia fobia del V., ma non è che ci si sia soffermata molto; ha provato a farmi ragionare sul “Qual è la cosa peggiore che può capitare se succede di V.?”. Ora io razionalmente so che non si muore, ma evidentemente già solo il pensiero che possa succedere mi muove delle emozioni che non riesco a capire bene nemmeno io, e quindi ancora questa fobia rimane irrisolta. A peggiorare le cose c’è una situazione che ormai vivo dall’inizio dell’anno: la Nau..a. Sono abbastanza convinta che si tratti di ansia somatizzata, anche perché questo è un periodo un po’ strano e a quanto pare il mio corpo sta cercando di dirmi che quello che vivo non mi piace. Primo tra tutti un rapporto conflittuale con mio padre che è peggiorato proprio ultimamente, con cui faccio buon viso a cattivo gioco ma di cui non sopporto più idee, comportamenti, atteggiamenti… però non gli dico mai nulla, mi tengo sempre tutto dentro, anche perché crescendo ho capito come reagisce se gli si dicono cose che lui non condivide: alzando la voce e sovrastandoti. Lui e mia madre, finalmente, dovrebbero essere vicini al divorzio (sono almeno 10 anni che noto astio tra di loro); lui se ne andrà di casa con un’altra donna, e sinceramente non vedo l’ora succeda.

Ovviamente qualcuno potrebbe dirmi: perché se non stai più bene a casa tua non ti cerchi un lavoro e te ne vai? Ecco, penso che mi sarebbe utile, sicuramente per cambiare vita, iniziare ad essere indipendente e meno assoggettata a mia madre (che non volendo ha coperto noi due figlie di un alone di “protezione” da cui adesso ho paura a staccarmi). Il problema è che come già scrivevo sono diversi mesi che soffro di Nau..a. A volte dura tutto il giorno, a volte mi prende a caso durante la giornata, a volte c’è già di mattina. Da quando è cominciata penso che io sia stata per due settimane al massimo senza provarla; per il resto direi che è stata una costante a parte a volte qualche giorno di “pausa”. È snervante, innanzitutto perché soffro di emetofobia, e poi perché questa mi blocca: non sto cercando lavoro soprattutto perché mi dico: e se devo fare un colloquio e ce l’ho? Non mi sentirei a mio agio per la paura che possa stare male. La mia psicoterapeuta mi dice che invece devo convincermi che le cose posso farle anche con quella sensazione allo stomaco, perché poi le strade sarebbero due: o imparerei a conviverci, vedendo che posso comunque fare tutto, o sparirebbe perché non ci penserei più. Ma è difficile non pensarci quando ne hai paura; in più sono anche consapevole che magari distraendomi con un lavoro (ho anche ridotto al minimo le uscite di svago con qualche amico, se così possiamo chiamarli), appunto, potrebbe passare perché mi impegnerei in altro e non gli darei tutta questa importanza stando continuamente a rimuginarci, ma sono ormai in un circolo vizioso per cui mi dico che finché non mi passa ho paura a fare tutto, e quindi non cerco ancora nulla. Vi lascio immaginare il mio stato d’animo nel provare questa sensazione da emetofobica.

Infine, per quanto riguarda la mia emetofobia, quello che posso dire è che non so e non so se saprò mai perché l’ho sviluppata. Quello che so però è che ricordo molto bene tantissimi episodi della mia vita legati al V. (anche se spesso non c’entravo io direttamente ma erano gli altri a stare male), eccone una carrellata: io che da bambina sto male diverse volte dopo aver mangiato pesce (ora so di esserne allergica e infatti non ne mangio), mia sorella minore che rimette sul lettone in cui dormiamo sia quando piangeva forte che quando non masticava abbastanza la cena, mio padre che sta male dopo aver bevuto troppo, compagni alle elementari che rimettono sull’autobus durante le gite… e chi più ne ha più ne metta. Questi episodi me li ricordo vividi, però non mi sembra che quando succedevano io ne fossi troppo spaventata… a volte mi chiedo se qualcosa tra questi abbia contribuito alla mia fobia, oppure magari se sia da “incolpare” qualche atteggiamento nel mio nucleo familiare di cui io ora però non sono consapevole e che non ricordo.

Chiedo scusa per il testo infinito e ringrazio chiunque lo leggerà e avrà voglia di confrontarsi anche con un pensiero; non parlo di queste cose con nessuno ma so che voi potete capirmi.
 
Ciao debora benvenuta, mi presento anche io, sono Giulia e ho 17 anni.

Comprendo perfettamente la tua paura di stare male amplificata dalla continua nausea… negli ultimi mesi anche io c’è l’ho, è costante, se ne va per qualche ora al giorno (quando ho un po di fame) e torna mentre mangio o dopo mangiato, ormai non riesco più a fidarmi del mio corpo , è brutto da dire ma ho una paura folle di non saper riconoscere quella vera da quella innocente dettata dall’ansia. È debilitante perché mi costringo a fare la normale di fronte agli altri, cerco di parlare abbastanza in quei momenti per non far capire a nessuno che sto male, anche se l’unica cosa che vorrei è nascondermi in camera e sperare che passi velocemente.
Anche io ho molti ricordi nitidi di quando ero bambina di episodi di v. e quelli più nitidi non sono nemmeno miei, peró a differenza tua già in quei momenti ero spaventata.

Per quanto riguarda il lavoro… se trovi la forza di sfidare un po questa fobia e te stessa segui i consigli della psicologa e buttati!
 
Ciao debora benvenuta, mi presento anche io, sono Giulia e ho 17 anni.

Comprendo perfettamente la tua paura di stare male amplificata dalla continua nausea… negli ultimi mesi anche io c’è l’ho, è costante, se ne va per qualche ora al giorno (quando ho un po di fame) e torna mentre mangio o dopo mangiato, ormai non riesco più a fidarmi del mio corpo , è brutto da dire ma ho una paura folle di non saper riconoscere quella vera da quella innocente dettata dall’ansia. È debilitante perché mi costringo a fare la normale di fronte agli altri, cerco di parlare abbastanza in quei momenti per non far capire a nessuno che sto male, anche se l’unica cosa che vorrei è nascondermi in camera e sperare che passi velocemente.
Anche io ho molti ricordi nitidi di quando ero bambina di episodi di v. e quelli più nitidi non sono nemmeno miei, peró a differenza tua già in quei momenti ero spaventata.

Per quanto riguarda il lavoro… se trovi la forza di sfidare un po questa fobia e te stessa segui i consigli della psicologa e buttati!
Ciao Giulia, anche io in effetti la maggior parte delle volte cerco di fare finta di niente con gli altri, un po' perché penso che se qualcuno mi dicesse che ha la nausea andrei in paranoia (e quindi non voglio dare questo pensiero agli altri, anche se magari a loro non fa alcun effetto), un po' perché è come se mi fossi convinta che se non lo dico non esiste, non so bene come spiegarlo... cioè magari dicendolo rendo la cosa vera a tutti gli effetti, mentre tenerlo solo nella mia "testa" mi dà una parvenza di una cosa passeggera, meno presente e pesante. Lo so è un pensiero un po' sciocco, ma le fobie sono insidiose e rendono un po' paranoici...

Ti ringrazio per aver risposto e aver condiviso la tua esperienza :)
 
Ciao Debora!!
Tesoro come tutte, anche la tua storia mi ha toccato il cuore!
Che dire intanto complimenti hai comunque finito degli studi importanti..secondo me dalla mia esperienza si, il lavoro può solo aiutarti, e si, anche lì di tanto in tanto il fastidio allo stomaco lo puoi sentire, e lo puoi gestire! È spessissimo lo stesso che ci fa fesse sempre diciamo
Comprendo quando dici "non so e non saprò mai da dove arriva questa paura cosa l'ha scaturita" nessuno, o forse pochissimi pensano di saperlo.
O forse è un giorno come un'altro, in cui quella sensazione inizia a scaturire paura, e da lì rimane impresso nella testa..
Non si sa..non aver fretta di andare via da casa se per te e la tua famiglia non è un peso, c'è un momento per tutto
Però, io fossi in te cercherei di fare una vita attiva, questo basato sulla mia esperienza è molto molto importante, può toglierti il 40% del malessere
Impegnarti nel fare cose, ad esempio
Andare in posta
Passare in quel negozio
Poi aperitivo con
Magari palestra
Insomma cerca di uscire di casa con qualsiasi stupidaggine
Impegna le tue giornate
Starai sicuramente meglio
Ed io te lo auguro tantissimo!!!
 
Ciao Debora!!
Tesoro come tutte, anche la tua storia mi ha toccato il cuore!
Che dire intanto complimenti hai comunque finito degli studi importanti..secondo me dalla mia esperienza si, il lavoro può solo aiutarti, e si, anche lì di tanto in tanto il fastidio allo stomaco lo puoi sentire, e lo puoi gestire! È spessissimo lo stesso che ci fa fesse sempre diciamo
Comprendo quando dici "non so e non saprò mai da dove arriva questa paura cosa l'ha scaturita" nessuno, o forse pochissimi pensano di saperlo.
O forse è un giorno come un'altro, in cui quella sensazione inizia a scaturire paura, e da lì rimane impresso nella testa..
Non si sa..non aver fretta di andare via da casa se per te e la tua famiglia non è un peso, c'è un momento per tutto
Però, io fossi in te cercherei di fare una vita attiva, questo basato sulla mia esperienza è molto molto importante, può toglierti il 40% del malessere
Impegnarti nel fare cose, ad esempio
Andare in posta
Passare in quel negozio
Poi aperitivo con
Magari palestra
Insomma cerca di uscire di casa con qualsiasi stupidaggine
Impegna le tue giornate
Starai sicuramente meglio
Ed io te lo auguro tantissimo!!!
Ciao Betty, grazie per aver commentato e per il tuo augurio!
Anche io in fondo penso che impegnarmi in qualcosa possa solo che aiutarmi... e nella maggior parte dei casi qualcosina faccio sempre, anche se mi sembra qualcosa di piccolo e inutile però mi dico: anche se è una stupidaggine può aiutarti, soprattutto quando ho fastidio alla pancia e non vorrei uscire. Insomma la volontà c'è, devo solo trovare dentro di me la spinta giusta per fare un passo un po' più grande, che ora come ora sarebbe il lavoro :)
 
ha provato a farmi ragionare sul “Qual è la cosa peggiore che può capitare se succede di V.?”
Ciao, questa che ti viene fatta è una domanda molto interessante, anche se magari a te fa molto paura. Probabilmente la chiave sta nel capire bene quando dici:
ma evidentemente già solo il pensiero che possa succedere mi muove delle emozioni che non riesco a capire bene nemmeno io
forse capire ed aprirsi a quelle emozioni, ti aiuterebbe, anche nel lavoro che fai con la tua terapeuta. Però, mi rendo conto che alcune emozioni sono difficili da contattare a volte, magari perché richiamano momenti difficili, e ciascuno di noi ha i suoi tempi e livelli di sensibilità.
Sono abbastanza convinta che si tratti di ansia somatizzata, anche perché questo è un periodo un po’ strano e a quanto pare il mio corpo sta cercando di dirmi che quello che vivo non mi piace
Condivido questo tuo pensiero. Però ti chiedo, se non ti piace quello che vivi, cosa ti impedisce di cambiarlo? Cosa ti impedisce di fare il colloquio di lavoro? O meglio, supponiamo che vai al colloquio, supponiamo che ti viene nausea, cosa può accadere? Alla peggiore delle ipotesi non hai il lavoro, ma almeno hai provato ed in ogni caso non è detto che ti venga nausea o che tu non abbia lo stesso il lavoro! Spesso noi sottovalutiamo le nostre potenzialità, capacità e forza di reagire! ;)
Benvenuta!
 
Ciao, questa che ti viene fatta è una domanda molto interessante, anche se magari a te fa molto paura. Probabilmente la chiave sta nel capire bene quando dici:

forse capire ed aprirsi a quelle emozioni, ti aiuterebbe, anche nel lavoro che fai con la tua terapeuta. Però, mi rendo conto che alcune emozioni sono difficili da contattare a volte, magari perché richiamano momenti difficili, e ciascuno di noi ha i suoi tempi e livelli di sensibilità.

Condivido questo tuo pensiero. Però ti chiedo, se non ti piace quello che vivi, cosa ti impedisce di cambiarlo? Cosa ti impedisce di fare il colloquio di lavoro? O meglio, supponiamo che vai al colloquio, supponiamo che ti viene nausea, cosa può accadere? Alla peggiore delle ipotesi non hai il lavoro, ma almeno hai provato ed in ogni caso non è detto che ti venga nausea o che tu non abbia lo stesso il lavoro! Spesso noi sottovalutiamo le nostre potenzialità, capacità e forza di reagire! ;)
Benvenuta!
Ciao Julien, grazie per aver commentato :) Riguardo all'ultimo messaggio, probabilmente è un'insieme di cose che mi sta "rallentando" nel fare questo passo del lavoro. Prima tra tutte mi dico che è questa sensazione spiacevole che provo spesso, che mi fa rimuginare fino a farmi pensare: e se poi v. lì dove vado? (E questo mi frena nel fare diverse cose, non solo per un ipotetico lavoro). Penso anche poi che a frenarmi un po' ci sia la continua svalutazione che faccio di me stessa, con cui mi dico che non so fare nulla, non ho nulla in più degli altri, mi manca ancora tanto da sapere e che non so... Insomma ho l'autostima sotto i piedi e questo non mi incoraggia a mettermi sul mercato del lavoro perché mi sembra di non aver nulla da offrire. Questa percezione che ho di me nello studio non mi ha influenzato più di tanto, ma sento che ora per il lavoro ha un peso nettamente maggiore. Anche se mi rendo conto che poi saranno gli altri a valutare quello che ho da dare, qualora dovessero vedere qualcosa in me :) In effetti io ora sto incolpando maggiormente la n. che ormai provo da un po', ma penso anche che questa sia la punta dell'iceberg di un qualcosa di molto profondo fatto di miei pensieri e convinzioni sulla mia persona e sulla mia persona nel mondo e in relazione agli altri... Un gran groviglio insomma!
 
fatto di miei pensieri e convinzioni sulla mia persona e sulla mia persona nel mondo e in relazione agli altri
Nel tuo ultimo messaggio ci sono diversi spunti su cui riflettere, penso anche molti punti in comune con molte altre persone che soffrono di emetofobia. Autostima, la relazione con l'altro, il confronto con l'altro. Forse più che con l'altro il nostro primo problema è la relazione con noi stessi. Chiaramente, ciascuno di noi ha il proprio carattere, personalità. Molto dipende da quanto accettiamo noi stessi e la nostra storia. Superato questo diventa più facile accettare quello ceh ruota anche intorno a noi.
 
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