Ciao a tutti, mi presento e provo a raccontarvi la mia storia, cosa che non ho mai fatto praticamente con nessuno (scusate se mi dilungherò). Sono Debora, ho 25 anni, sono laureata alla magistrale di Lingue e non lavoro ancora. I miei “problemi” con il V. sono cominciati nel 2015, quando nel prendere l’autobus per andare a scuola ho iniziato a sentire dei fastidi che io subito ho associato alla Nau..a. Ben presto la sola idea di salire sull’autobus mi faceva svegliare già con lo stomaco chiuso, perché il pensiero di stare male lì, con tutte quelle persone, mi metteva ansia (anche se poi non è mai successo). Non ho mai sofferto di mal d’auto, e quando tutto è cominciato ho voluto fare una gastroscopia, con esiti pressoché inutili. Allora non me ne rendevo conto, ma oggi posso dire che probabilmente quel fastidio che sentivo era dovuto a un disagio psicologico, perché si sviluppò in concomitanza con la fine dell’amicizia con un mio gruppo storico di amiche (da cui io mi staccai, anche se ancora non so bene perché). L’autobus infatti lo prendevo con queste ormai ex-amiche, con cui una volta condividevo tutto ma che ormai mi limitavo solo a salutare; infatti quando scendevo dall’autobus e andavo in classe, con altre persone, la sensazione passava. Da allora però ho sviluppato la fobia del V. In quel periodo ero rimasta sola e mi sono molto chiusa in me stessa, anche se poi dopo due annetti ho ricominciato ad uscire con una mia conoscente; la fobia la riuscivo a tenere sotto controllo durante le uscite: mi bastava vedere che non avevo alcuna sensazione di Nau..a e stavo tranquilla, addirittura frequentavo un pub dove è capitato che qualcuno stesse male, ma io mi allontanavo e riuscivo a stare calma (anche grazie all’aiuto del chewing gum, diventato il mio meccanismo di coping per qualsiasi sensazione che sento allo stomaco). Con la pandemia le cose sono tornate a cambiare, perché con la fine del lockdown la mia amica di riferimento si è fidanzata, diradando quindi le occasioni di uscita insieme a me, e io ho trovato nel comfort di casa un rifugio in cui sentirmi al riparo (sono introversa e fare serata non è la mia attività preferita).
Arrivando ad oggi, un anno fa ho iniziato un percorso con una psicoterapeuta, non propriamente per l’emetofobia, ma per uno stato generale di ansia somatizzata (così mi suggerì un cardiologo dopo che iniziai a sentire battiti irregolari ed extrasistoli mai avute prima). A lei, tra le altre cose, ho esposto anche la mia fobia del V., ma non è che ci si sia soffermata molto; ha provato a farmi ragionare sul “Qual è la cosa peggiore che può capitare se succede di V.?”. Ora io razionalmente so che non si muore, ma evidentemente già solo il pensiero che possa succedere mi muove delle emozioni che non riesco a capire bene nemmeno io, e quindi ancora questa fobia rimane irrisolta. A peggiorare le cose c’è una situazione che ormai vivo dall’inizio dell’anno: la Nau..a. Sono abbastanza convinta che si tratti di ansia somatizzata, anche perché questo è un periodo un po’ strano e a quanto pare il mio corpo sta cercando di dirmi che quello che vivo non mi piace. Primo tra tutti un rapporto conflittuale con mio padre che è peggiorato proprio ultimamente, con cui faccio buon viso a cattivo gioco ma di cui non sopporto più idee, comportamenti, atteggiamenti… però non gli dico mai nulla, mi tengo sempre tutto dentro, anche perché crescendo ho capito come reagisce se gli si dicono cose che lui non condivide: alzando la voce e sovrastandoti. Lui e mia madre, finalmente, dovrebbero essere vicini al divorzio (sono almeno 10 anni che noto astio tra di loro); lui se ne andrà di casa con un’altra donna, e sinceramente non vedo l’ora succeda.
Ovviamente qualcuno potrebbe dirmi: perché se non stai più bene a casa tua non ti cerchi un lavoro e te ne vai? Ecco, penso che mi sarebbe utile, sicuramente per cambiare vita, iniziare ad essere indipendente e meno assoggettata a mia madre (che non volendo ha coperto noi due figlie di un alone di “protezione” da cui adesso ho paura a staccarmi). Il problema è che come già scrivevo sono diversi mesi che soffro di Nau..a. A volte dura tutto il giorno, a volte mi prende a caso durante la giornata, a volte c’è già di mattina. Da quando è cominciata penso che io sia stata per due settimane al massimo senza provarla; per il resto direi che è stata una costante a parte a volte qualche giorno di “pausa”. È snervante, innanzitutto perché soffro di emetofobia, e poi perché questa mi blocca: non sto cercando lavoro soprattutto perché mi dico: e se devo fare un colloquio e ce l’ho? Non mi sentirei a mio agio per la paura che possa stare male. La mia psicoterapeuta mi dice che invece devo convincermi che le cose posso farle anche con quella sensazione allo stomaco, perché poi le strade sarebbero due: o imparerei a conviverci, vedendo che posso comunque fare tutto, o sparirebbe perché non ci penserei più. Ma è difficile non pensarci quando ne hai paura; in più sono anche consapevole che magari distraendomi con un lavoro (ho anche ridotto al minimo le uscite di svago con qualche amico, se così possiamo chiamarli), appunto, potrebbe passare perché mi impegnerei in altro e non gli darei tutta questa importanza stando continuamente a rimuginarci, ma sono ormai in un circolo vizioso per cui mi dico che finché non mi passa ho paura a fare tutto, e quindi non cerco ancora nulla. Vi lascio immaginare il mio stato d’animo nel provare questa sensazione da emetofobica.
Infine, per quanto riguarda la mia emetofobia, quello che posso dire è che non so e non so se saprò mai perché l’ho sviluppata. Quello che so però è che ricordo molto bene tantissimi episodi della mia vita legati al V. (anche se spesso non c’entravo io direttamente ma erano gli altri a stare male), eccone una carrellata: io che da bambina sto male diverse volte dopo aver mangiato pesce (ora so di esserne allergica e infatti non ne mangio), mia sorella minore che rimette sul lettone in cui dormiamo sia quando piangeva forte che quando non masticava abbastanza la cena, mio padre che sta male dopo aver bevuto troppo, compagni alle elementari che rimettono sull’autobus durante le gite… e chi più ne ha più ne metta. Questi episodi me li ricordo vividi, però non mi sembra che quando succedevano io ne fossi troppo spaventata… a volte mi chiedo se qualcosa tra questi abbia contribuito alla mia fobia, oppure magari se sia da “incolpare” qualche atteggiamento nel mio nucleo familiare di cui io ora però non sono consapevole e che non ricordo.
Chiedo scusa per il testo infinito e ringrazio chiunque lo leggerà e avrà voglia di confrontarsi anche con un pensiero; non parlo di queste cose con nessuno ma so che voi potete capirmi.
Arrivando ad oggi, un anno fa ho iniziato un percorso con una psicoterapeuta, non propriamente per l’emetofobia, ma per uno stato generale di ansia somatizzata (così mi suggerì un cardiologo dopo che iniziai a sentire battiti irregolari ed extrasistoli mai avute prima). A lei, tra le altre cose, ho esposto anche la mia fobia del V., ma non è che ci si sia soffermata molto; ha provato a farmi ragionare sul “Qual è la cosa peggiore che può capitare se succede di V.?”. Ora io razionalmente so che non si muore, ma evidentemente già solo il pensiero che possa succedere mi muove delle emozioni che non riesco a capire bene nemmeno io, e quindi ancora questa fobia rimane irrisolta. A peggiorare le cose c’è una situazione che ormai vivo dall’inizio dell’anno: la Nau..a. Sono abbastanza convinta che si tratti di ansia somatizzata, anche perché questo è un periodo un po’ strano e a quanto pare il mio corpo sta cercando di dirmi che quello che vivo non mi piace. Primo tra tutti un rapporto conflittuale con mio padre che è peggiorato proprio ultimamente, con cui faccio buon viso a cattivo gioco ma di cui non sopporto più idee, comportamenti, atteggiamenti… però non gli dico mai nulla, mi tengo sempre tutto dentro, anche perché crescendo ho capito come reagisce se gli si dicono cose che lui non condivide: alzando la voce e sovrastandoti. Lui e mia madre, finalmente, dovrebbero essere vicini al divorzio (sono almeno 10 anni che noto astio tra di loro); lui se ne andrà di casa con un’altra donna, e sinceramente non vedo l’ora succeda.
Ovviamente qualcuno potrebbe dirmi: perché se non stai più bene a casa tua non ti cerchi un lavoro e te ne vai? Ecco, penso che mi sarebbe utile, sicuramente per cambiare vita, iniziare ad essere indipendente e meno assoggettata a mia madre (che non volendo ha coperto noi due figlie di un alone di “protezione” da cui adesso ho paura a staccarmi). Il problema è che come già scrivevo sono diversi mesi che soffro di Nau..a. A volte dura tutto il giorno, a volte mi prende a caso durante la giornata, a volte c’è già di mattina. Da quando è cominciata penso che io sia stata per due settimane al massimo senza provarla; per il resto direi che è stata una costante a parte a volte qualche giorno di “pausa”. È snervante, innanzitutto perché soffro di emetofobia, e poi perché questa mi blocca: non sto cercando lavoro soprattutto perché mi dico: e se devo fare un colloquio e ce l’ho? Non mi sentirei a mio agio per la paura che possa stare male. La mia psicoterapeuta mi dice che invece devo convincermi che le cose posso farle anche con quella sensazione allo stomaco, perché poi le strade sarebbero due: o imparerei a conviverci, vedendo che posso comunque fare tutto, o sparirebbe perché non ci penserei più. Ma è difficile non pensarci quando ne hai paura; in più sono anche consapevole che magari distraendomi con un lavoro (ho anche ridotto al minimo le uscite di svago con qualche amico, se così possiamo chiamarli), appunto, potrebbe passare perché mi impegnerei in altro e non gli darei tutta questa importanza stando continuamente a rimuginarci, ma sono ormai in un circolo vizioso per cui mi dico che finché non mi passa ho paura a fare tutto, e quindi non cerco ancora nulla. Vi lascio immaginare il mio stato d’animo nel provare questa sensazione da emetofobica.
Infine, per quanto riguarda la mia emetofobia, quello che posso dire è che non so e non so se saprò mai perché l’ho sviluppata. Quello che so però è che ricordo molto bene tantissimi episodi della mia vita legati al V. (anche se spesso non c’entravo io direttamente ma erano gli altri a stare male), eccone una carrellata: io che da bambina sto male diverse volte dopo aver mangiato pesce (ora so di esserne allergica e infatti non ne mangio), mia sorella minore che rimette sul lettone in cui dormiamo sia quando piangeva forte che quando non masticava abbastanza la cena, mio padre che sta male dopo aver bevuto troppo, compagni alle elementari che rimettono sull’autobus durante le gite… e chi più ne ha più ne metta. Questi episodi me li ricordo vividi, però non mi sembra che quando succedevano io ne fossi troppo spaventata… a volte mi chiedo se qualcosa tra questi abbia contribuito alla mia fobia, oppure magari se sia da “incolpare” qualche atteggiamento nel mio nucleo familiare di cui io ora però non sono consapevole e che non ricordo.
Chiedo scusa per il testo infinito e ringrazio chiunque lo leggerà e avrà voglia di confrontarsi anche con un pensiero; non parlo di queste cose con nessuno ma so che voi potete capirmi.