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Ho perso fiducia nella mia terapeuta

Lightning

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buongiorno ragazzi. Volevo ringraziarvi per le risposte nell’altro mio post. Volevo raccontarvi un episodio di un paio di giorni fa, in modo da avere un vostro parere. Avevo appuntamento con la mia terapeuta, mi reco in studio, aspetto il mio turno, non appena arriva, esce lei dallo studio... io, al mio solito, saluto con un sorriso, ma vedo lei incazzata nera; non mi saluta e inizia a rimproverarmi davanti a tutti, ancora prima di farmi entrare in studio e chiudere la porta, dicendomi di avermi chiamata per tutta la settimana e che il mio telefono non squillava. La invito a ricontrollare il mio numero e si scopre che aveva quello vecchio. Le ricordo che qualche giorno prima mi aveva chiamata in quello nuovo (quindi lo aveva) e gli faccio vedere la lista delle chiamate, giusto per farle capire che probabilmente si era confusa. Rendendosi conto della situazione, si calma e mi spiega che mi aveva chiamata per rimandare l'appuntamento, ed era dispiaciuta perché mi ero fatta la strada inutilmente. Le dico che non è un problema e la saluto. Da quel momento è come se avessi perso fiducia in lei. Sono rimasta delusa per i modi. Non trovo professionale e rispettoso un comportamento del genere. Avrei potuto avere un problema personale, il telefono rotto o qualsiasi altro motivo per non rispondere al telefono... non poteva gentilmente assicurarsi di cosa fosse successo, prima di assalirmi in quel modo, perlopiù davanti a tutti? Credo che lascerò la terapia... Io ho un problema da risolvere ok, ma pago per farlo e voglio essere rispettata. Scusate lo sfogo. Ditemi se sono io esagerata (potrebbe essere anche quello). Un bacio!
 
Ciao! Il rapporto tra terapeuta e paziente è di assoluta fiducia. Tu devi COMPLETAMENTE affidarti a lui/lei. Se in qualsiasi modo la fiducia viene compromessa, dubito che tutto quello che ti chiederà di fare o ti dirà – insomma, tutta la terapia – possa dare i frutti che deve. Da quanto tempo ti segue?
 
Salve signora. La terapeuta mi segue da un anno e mezzo. Ci sono stati dei miglioramenti, questo non lo nego. Purtroppo in questo momento non mi sento più libera di aprirmi con lei, mi sono come bloccata, e mi sono sentita un po’ umiliata e trattata da bambina. Non ho nemmeno voglia di dirle ciò è chiarire questo aspetto, perché ritengo che una persona professionale, debba conoscere già il rispetto verso i propri pazienti. Dall’altro lato, interrompere vuol dire dover ricominciare da zero con una nuova terapeuta, e onestamente sono stanca, visto che prima di lei ne ho cambiati cinque...
 
Non darmi del lei, che mi fai sentire vecchia :D
Sono mamma, ma giovane (o almeno secondo i miei parametri, ecco...)!
Capisco come tu ti sia sentita ma ti dico questo: se la quinta storia d'amore finisce, non vuoi più avere nessun partner perché devi rifarti da capo? E se fosse poi l'amore di tutta la tua vita? Non varrebbe la pena riprovare?
 
in questo momento non mi sento più libera di aprirmi con lei, mi sono come bloccata, e mi sono sentita un po’ umiliata e trattata da bambina
Questo io lo direi alla mia terapeuta. Se sto perdendo la fiducia in lei, le vorrei motivare perche.
Se pensi che lei ti abbia mancato di rispetto, hai l'occasione di dimostrarle che tu hai rispetto per lei come persona e come professionista motivandole il tuo stato d'animo.
Poi dall'esito della conversazione potrai trarre le tue conclusioni. Cosa ne pensi? :)
 
Sì, sicuramente un chiarimento le mostrerebbe che di fronte di certo non ha una bambina, ma una donna che sa farsi valere.
Una sola domanda: gli altri terapeuti cosa avevano che non andava bene? Era una questione di "feeling"?
 
Gli altri terapeuti non sono mai riusciti a capire a fondo il mio problema. Dopo diverse sedute, mi sono sempre resa conto che non andavamo da nessuna parte e interrompevo... è difficile... l’ultima terapeuta mi diceva che avessi un’anoressia mentale, era convita fossi anoressica, anche se non ho capito cosa intendesse per “mentale”. Io ho sempre desiderato di mangiare come tutti e ingrassare, non vedo il nesso con l’anoressia. Gli altri si focalizzavano sull’ansia... quasi tutti mi hanno detto le stesse cose “prova a mangiare”, ma non ci riesco! Cioè, mangio, ma non come un normale essere umano. Credo sappiate già più o meno quali siano i problemi con il cibo. Io vedo il vomito come un qualcosa di orrendo, non lo so descrivere, ma per me è la morte. Se sento che qualcuno ha avuto un’indigestione e ha vomitato, iniziò a provare pena per quella persona, come se gli fosse successa una cosa gravissima. Non so se mi capite. Figuriamoci a viverlo io... Ad ogni modo, ne parlerò con lei e poi deciderò cosa fare.
 
Ecco perché ho aperto l'altro post. È per questo che ne sto parlando con chiunque. Non si può curare una fobia come fosse un disturbo alimentare!
E se per primi i terapisti non capiscono questo, non si può andare da nessuna parte (la diagnosi è il primo passo verso la giusta terapia).
Quella più consigliata con le fobie è la cognitivo-comportamentale, una più recente ma molto, molto interessante, è la Schema Therapy. Se decidi di cambiare terapeuta, cercane una/uno che faccia quest'ultima, potrebbe essere la svolta.
 
Io ho provato diversi approcci, mi manca solo quella analitica. Tra l’altro, nelle mie zone non ci sono molti terapeuti specializzati in approcci particolari, molti sono generici “psicoterapeuta”. È vero, questa fobia non viene trattata come una fobia in sè ma viene inserita all’interno di altri contesti, come l’ansia , disturbi alimentari e altro. Io credo che si dovrebbe trovare un approccio che vada a mirare proprio alla fobia. Poi non so... non credo che ci possano essere terapeuti specializzati per ogni fobia, anche perché, la maggior parte di esse, sono interconnesse ad altre problematiche, ansia in primis. È importante però che l’emetofobia venga riconosciuta e non confusa, perché esiste e ha dei segnali molto evidenti. Piuttosto, ho letto i suoi post... come sta sua figlia adesso?
 
Sì, va riconosciuta e poi trattata come fobia con annessi e connessi, ma non confusa, quello no!
La cura farmacologica va avanti, così come quella psicoterapeutica. Si trova bene con lei, quindi va avanti. So che il percorso sarà molto lungo, so anche che continueranno a esserci alti e bassi. Va avanti, godendo dei momenti di tranquillità tra una crisi d'ansia e una piccola paura affrontata. Non è sola, quello no, ma il traguardo sarà raggiunto quando diventerà più forte e consapevole delle sue grandi capacità. Capacità che abbiamo, avete, tutti!
 
Sua figlia è molto fortunata ad avere un genitore come lei. Capisco perfettamente la situazione. Mi fa rabbia il fatto che ci dobbiamo “accontentare” dei momenti più sereni e coglierli al volo, perché da un momento all’altro può ritornare la simpaticona a buttarci nuovamente a terra. Che cosa triste... Purtroppo la vita quotidiana è fatta di stress e ansie continue, e per le persone come noi, è difficile trovare un equilibrio. Nel mio caso, basta una cavolata e tutto il lavoro e i progressi fatti fino a quel momento crollano. È una ruota che gira continuamente... spero che un giorno possiamo tutti raccontare un lieto fine. Me lo auguro.
 
E io lo auguro a ognuno di voi! Ognuno a modo suo troverà la sua strada. Deve essere così, perché – con chi ho avuto la fortuna e l'onore di parlare – siete persone ricche, sensibili, empatiche, con un potenziale altissimo e che possono dare davvero tanto al prossimo. E al mondo c'è bisogno di persone così.
Non perdete MAI la speranza! Arriverà quel click. Arriverà.
 
Aggiungo solo una cosa: io sono quella fortunata, ad avere una figlia come lei. Lei non è la sua fobia, è molto di più, molto più grande, molto più brillante.
Ed è una consapevolezza che vorrei avesse ognuno dei vostri genitori, perché ognuno di voi (di noi) ha questa luce. Non permettete alla parte di voi che genera la fobia di spegnerla.
 
Per anoressia mentale credo intendesse dire anoressia nervosa.
Comunque, anche analitica può funzionare. Ma il punto è proprio questo, ci sono molte tecniche ma non tutte sono adatte a tutti. Per me funziona la cognitivo, per te la analitica, ecc...
Come si capisce? Facendo terapia e fidandosi del terapeuta e dare continui feedback sulla terapia. Se non va, o il terapeuta mi manda da un collega di approccio diverso oppure ci vado da solo.
@Lightning ti consiglio di valorizzare le tue vittorie e ciò che costruisci perché sarà la base per il tuo successo futuro. ;)
 
Gli altri terapeuti non sono mai riusciti a capire a fondo il mio problema. Dopo diverse sedute, mi sono sempre resa conto che non andavamo da nessuna parte e interrompevo... è difficile...
@Lightning solitamente dopo quante sedute ti accorgevi che quel terapeuta e/o quella terapia non facevano al caso tuo? Io dopo tanti anni, e più che altro per questioni economiche, mi sono decisa a settembre scorso a provare con la psicoterapia, ho iniziato con la cognitivo-comportamentale ma già dopo 6/7 sedute ho cominciato ad avere dei dubbi, a non vedere nessun passo, seppur piccolo, significativo e, quando ho poi cominciato a provare addirittura fastidio all'idea di dover andare alle sedute, allora ho deciso di interrompere...ad aprile di quest'anno ho deciso di riprovare di nuovo con un'altra terapeuta che utilizza un approccio psicodinamico, con lei va decisamente meglio, mi sento più compresa però è difficile sostenere questo percorso, economicamente parlando, perché lei vuole vedermi tutte le settimane. Ne ho parlato con lei e mi è venuta incontro cercando di farmi un prezzo più "conveniente" ma arranco comunque. Spero però di poter continuare con lei.
 
Ciao Alessandra. Solitamente ho interrotto i percorsi dopo due tre mesetti (le sedute sono sempre state una volta a settimana), anche io ad un certo punto sentivo un peso quando dovevo andare a fare la seduta. Nel mio caso, mi pesava il fatto di andare lì e non vedere miglioramenti, quasi come se perdessi del tempo, e lo so che i risultati non si ottengono necessariamente subito, ma ci sono degli input che uno dentro di se capisce. Io capivo che non era il terapeuta giusto per me. Che poi, non è detto che un terapeuta specializzato in cognitivo, debba essere necessariamente bravo o adatto a noi... magari il primo che fa cognitivo fallisce, mentre un altro che utilizza lo stesso approccio può essere quello giusto. Credo dipenda da noi e dal loro modo di lavorare. Ti capisco sul fattore economico, non è semplice affrontare le spese... io studio e lavoro... i soldi del lavoro se ne vanno quasi tutti in psicoterapie, ma lo faccio volentieri perché è per me stessa. E fortuna ci sono i miei che mi supportano economicamente per gli studi! Con questa terapeuta dei miglioramenti ci sono stati, ma boh.. non è che sia così tanto convinta. Forse sono pessimista di mio, o vorrei vedere miracoli, non lo so!
 
Ciao Lightning anch'io come te spendo quasi tutto quello che guadagno, lavorando saltuariamente, nella psicoterapia, per questo vorrei che perlomeno mi portasse a dei risultati. Per esempio già i soldi spesi con la prima terapeuta, quella che poi ho abbandonato, sono comunque andati persi...gli input con la psicoterapeuta attuale sono positivi anche se, ripeto, per me non è semplice vederla tutte le settimane ma lei preferisce così, almeno all'inizio...ed è per questo che mi è venuta incontro anche sul prezzo...poi pure io sono un pò impaziente, nel senso che magari vorrei vedere dei risultati nell'immediato, invece sono percorsi che richiedono tempo, costanza e pazienza...
 
Vuole vederti settimanalmente perché, almeno all’inizio è meglio che il percorso sia continuo e frequente. Col tempo, potrebbe ridurti le sedute. Non pensare che i soldi spesi siano andati perduti, pensa al fatto che ti sono serviti per capire che non era quella la tua strada. Alla fine, da ogni percorso si impara sempre qualcosa, anche minima. A me gli altri terapeuti hanno comunque insegnato qualcosa, ognuno a modo loro. Ovvio, ci penso ai soldi spesi, ma purtroppo non posso fare nulla se non riprovare fino a trovare quello giusto. Aggiungo una mia riflessione personale: secondo te/voi, è possibile che le terapie non funzionino perché siamo noi che ci aspettiamo cambiamenti da subito? Potremmo essere noi stessi a far fallire i percorsi? A volte penso sia così... magari spinti e preoccupati dai costi che non riusciamo sempre a reggere, tendiamo a volere tutto e subito, di conseguenza perdiamo fiducia non appena non vediamo cambiamenti... ci rifletto sempre su questa cosa...
 
Aggiungo una mia riflessione personale: secondo te/voi, è possibile che le terapie non funzionino perché siamo noi che ci aspettiamo cambiamenti da subito? Potremmo essere noi stessi a far fallire i percorsi? A volte penso sia così... magari spinti e preoccupati dai costi che non riusciamo sempre a reggere, tendiamo a volere tutto e subito, di conseguenza perdiamo fiducia non appena non vediamo cambiamenti... ci rifletto sempre su questa cosa...

Anch'io ho fatto la tua stessa riflessione e penso che effettivamente si potremmo anche essere noi stessi, con le nostre preoccupazioni ed aspettative, ad interferire con la riuscita o meno del percorso terapeutico; o perlomeno in parte credo che questa rimuginazione del pensiero possa condizionare un pò il percorso, poi ovvio che entrano in gioco anche altri elementi come l'empatia e la fiducia con/verso il terapeuta, la sincerità, l'impegno, la costanza..
 
Avete fatto entrambe @Alessandra e @Lightning delle considerazioni che sento di condividere.
L'approccio psicodinamico è anch'esso interessante ma, come avete detto non è vero che ciò che va bene per me va bene anche per te. Cambiano tanti fattori, noi, il nostro vissuto, il terapeuta, e sicuramente anche il fattore economico ha il suo peso. Ma non sono mai soldi buttati quelli spesi per il nostro benessere.
è possibile che le terapie non funzionino perché siamo noi che ci aspettiamo cambiamenti da subito?
Penso di sì. Uno dei problemi è proprio questo. Tutti si aspettano subito risultati e miracoli, come se il terapeuta avesse la bacchetta magica e sia in grado di cambiarci. Che poi, in realtà non stravolge la nostra vita o cambia quello che noi siamo, ma cambia, rimodula, il nostro modo di pensare, quindi agire, e interpretare gli eventi e noi stessi. Ci aiuta a rielaborare esperienze, comprendere.
È chiaro che, dopo anni di emetofobia tutti vorrebbero subito cancellare i problemi, ma un attento processo terapeutico è fondamentale per una adeguata guarigione.
Potremmo essere noi stessi a far fallire i percorsi?
Questa domanda in realtà necessiterebbe di una risposta molto complessa.
Guarda, diciamo che potrebbe essere che più o meno volontariamente boicottiamo la terapia. A volte siamo talmente immersi nella nostra fobia, che tendiamo anche a negare o sminuire o poco valorizzare le cose positive che facciamo e/o otteniamo.
 
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